Il pentagono tra geometria ed arte

Articolo tratto da http://www.didatticarte.it/Blog/?p=126

Alchimia, biologia, esoterismo e matematica. Tutti mescolati dentro un grande calderone di forma pentagonale, una figura che da millenni è stata caricata di ogni simbolismo possibile.

Ma non è un caso: il pentagono, infatti, presenta delle proporzioni molto particolari che hanno solleticato l’immaginazione di filosofi, artisti e scienziati.

Parlo della sezione aurea, la divisione di un segmento in due parti in modo tale da ottenerne una porzione che sia media proporzionale tra l’intero segmento e la parte restante. Osservate il segmento AB; ebbene, esiste un solo punto C tale che il rapporto che c’è tra l’intero segmento e il tratto AC sia uguale a quello tra AC e la parte restante. Dunque AC è la sezione aurea di AB.

Il rapporto tra AB e AC, indicato con la lettera greca Φ, è un numero irrazionale pari a1,618

La definizione di rapporto aureo è ricondotta allo studio del pentagono regolare e della stella a 5 punte, chiamata anche pentagramma, in esso inscritta (che, non a caso, era il simbolo di riconoscimento dei pitagorici, i discepoli di Pitagora, coloro che definirono la sezione aurea nel VI sec. a.C.).

Nel pentagono il lato BC è sezione aurea della diagonale AB. Ma anche BD è sezione aurea di AB e BC’ lo è di BD.

La geometria pentagonale è abbondantemente presente in natura e dimostra l’origine scientifica e biologica della sezione aurea.

Il disegno di un pentagono di lato AB, guarda caso, si realizza proprio a partire da quello di un segmento e della sua sezione aurea (AB, infatti, è sezione aurea del segmento A2). Se vi volete esercitare seguite le istruzioni cliccando sull’immagine.

Per realizzare un pentagono con la tecnica dell’origami ci vuole altrettanta pazienza: partire da quattro lati per arrivare a cinque non è così semplice come sembra!

Il pentagono, inoltre, assieme al triangolo equilatero e al quadrato, è l’unica figura che può essere utilizzata per creare un solido platonico. In questo caso si tratta deldodecaedro, un poliedro a dodici facce pentagonali.

Si tratta di un solido esistente anche in natura. I cristalli di pirìte, ad esempio, si presentano talvolta proprio sotto forma di dodecaedri.

Per creare un solido assimilabile ad una sfera partendo da figure piane (la sfera, infatti, non si può sviluppare su un piano ma ci si può avvicinare…) occorre, invece, affiancare un esagono ad ognuno dei lati del pentagono. Si ottiene la superficie curva che possiamo osservare comunemente nei palloni da calcio (in particolare questo è formato da 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi ed è definito icosaedro troncato).

Ma il pentagono, e in particolare la stella in esso contenuta, ha la straordinaria caratteristica di richiamare la forma del corpo umano. Questa proprietà non è sfuggita agli intellettuali del XV e XVI secolo, come Heinrich Cornelius Agrippa, che ne hanno fatto diverse rappresentazioni grafiche dai significati occulti.

In effetti il pentagramma, con le sue cinque punte, ricorda proprio la disposizione della testa e dei quattro arti distesi.

Ma dato che non sono un’appassionata di esoterismo e considerato che ci sono già in rete centinaia di siti che si interessano di misteri ed altre amenità, non voglio approfondire i vari simbolismi legati al pentagono ma occuparmi di questa figura nelle sue manifestazioni artistiche.

Sì perché il pentagono c’entra molto anche con l’arte e l’architettura. È pentagonale, infatti, la pianta tipica delle cittadelle fortificate cinquecentesche. Uno dei primi esempi (sebbene non si tratti di un pentagono regolare) è costituito dalla Fortezza da Basso di Firenze, progettata da Francesco Fiorenzuoli e Antonio da Sangallo il Giovane (1534-1537).

Di pochi anni successive (1559-1565) sono le mura pentagonali con bastioni realizzate attorno al Castel Sant’Angelo a Roma e volute da papa Pio IV (il ricordo del sacco di Roma del 1527 era ancora vivo e il pericolo di nuovi assedi costante).

Tra il 1564-1570 sorse la Cittadella di Torino ad opera di Franceso Paciotto (demolita purtroppo nel 1856 per far posto ai quartieri previsti dai piani di ampliamento della città).

Esempio perfetto di architettura militare, diventò presto il modello di tante cinte pentagonali fortificate sparse per l’Europa.

Ma come mai tutte queste fortezze hanno forma pentagonale? Una delle possibili spiegazioni è legata alla geometria del pentagono: i suoi angoli, maggiori di 90°, resistono meglio allo “scantonamento” rispetto a quelli retti propri del quadrato. E dato che in ogni costruzione l’angolo è il punto più delicato, quello che realizza la solidarietà tra due muri, scegliere un angolo ottuso aumenta le possibilità di difesa.

Questa caratteristica è stata mantenuta persino per il Pentagono per antonomasia, quello di Washington. Realizzato nel 1943 riprende la forma delle tradizionali fortezze per questioni simboliche e stilistiche più che per necessità funzionali (l’assedio da terra era ampiamente superato…).

Ad ogni modo, nelle antiche mura pentagonali, l’angolo non era mai lasciato alla mercé degli attaccanti, essendo munito di bastioni e circondato da eventualefossato con acqua.

Un caso un po’ diverso è quello della cosiddetta Mole Vanvitelliana. Situata ad Ancona, su un’isola artificiale all’imboccatura del porto, la grande struttura pentagonale era adibita primariamente a lazzaretto per la quarantena dei naviganti, ma fungeva anche da fortezza (ce lo rivela il rivellino verso il mare) e da barriera frangiflutti.

Fu realizzata tra il 1732-1743 per volere di papa Clemente XXII il quale incaricò l’architetto Lodewijk van Wittel (meglio noto come Luigi Vanvitelli) di progettare quest’immensa opera architettonica.

Vera e propria isola-città, poteva alloggiare fino a duemila persone su un’estensione di oltre 20.000 mq. Oggi fa parte del sistema museale delle Marche.

Un esempio meno “severo” è rappresentato dallo splendido Palazzo Farnese a Caprarola, nel Lazio. Iniziato all’inizio del Cinquecento da Antonio da Sangallo il Giovane come roccaforte pentagonale per il Cardinale Alessandro Farnese, venne completato dal Vignola in forme molto più lussuose e imponenti diversi decenni più tardi.

Gli interni costituiscono una delle maggiori manifestazioni dell’arte manierista in Italia. Tra la scenografica Scala Regia affrescata dallo stesso Vignola, la Sala dei fasti di Ercole decorata da Taddeo Zuccari, la Sala del Mappamondo e il cortile circolare c’è di che farsi venire la sindrome di Stendhal!

Mentre abbondano le architetture a pianta pentagonale, è molto più difficile trovare questo poligono in altre manifestazioni artistiche.

È molto raro, ad esempio trovare finestre o altri dettagli architettonici pentagonali.

Come faccia del dodecaedro (semplice o stellato) il pentagono fa capolino ogni tanto nelle arti figurative. Ma quando appare lo fa davvero in pompa magna presentandosi all’interno di veri capolavori come la quattrocentesca tarsia marmorea del pavimento della Basilica di San Marco a Venezia, attribuita a Paolo Uccello.

Tuttavia il dodecaedro comparve nell’arte oltre mille anni prima. Sono state rinvenute, infatti, centinaia di dodecaedri metallici di età romana dalla funzione piuttosto incomprensibile.

Dotati di una pallina per ogni vertice sono sempre cavi, di dimensioni ridotte e con le facce bucate da un foro circolare di diametro variabile. Strumenti di calcolo? Apparecchi astronomici? Chi lo sa…

Secondo alcune teorie potrebbero essere anche dei giochi… ma non ce li vedo per niente come antenati del dodecaedro di Rubik!

E non credo neanche che abbiano a che vedere con il diffusore sonoro, la serra poliedrica o i tanti esempi di dodecaedro contemporaneo…

Ma torniamo all’arte in senso stretto. Qualche esempio di pentagono si può trovare nell’arte del Novecento con autori visionari o concettuali.

Salvador Dalì, in particolare, ha ripreso gli aspetti più arcani di questa figura geometrica in alcuni dipinti tipicamente surrealisti. Nascono così la struttura di Leda atomica (1949), la Sardana pentagonale (1979) o, ancora, l’Ultima Cena dentro un dodecaedro (1955)…

Meno inquietanti sono le opere di Maurits Cornelis Escher. Qui ritorna il dodecaedro, piano o stellato, all’interno di bizzarre nature morte.

Questi solidi così astratti, così perfetti, sono protagonisti anche di tante opere di Lucio Saffaro, il matematico-pittore che ai poliedri ha dedicato gran parte del suo lavoro artistico.

Le strutture geometriche di Leonardo Ulian riprendono, invece, il pentagono come figura piana ricreato attraverso il riuso di circuiti e connessioni elettroniche di computer dismessi.

Come magiche ragnatele sembrano rivelare che c’è un’armonia antica anche nei rifiuti della nostra civiltà.

L’aspetto stabile e ben proporzionato del pentagono lo rende molto adatto anche alla realizzazione di marchi.

Ma ci sono anche orologi, piatti, monete e persino arance a sezione pentagonale (così non rotolano via!)…

Beh, ora non voglio fare classifiche ma forse, ad un anello con pietra pentagonale preferisco un bel mazzo di fiori… pentagonali, s’intende!

Cos’avrà mai il quadrato di tanto accattivante?

Articolo tratto da http://www.didatticarte.it/Blog/?p=1269

Cos’avrà mai il quadrato di tanto accattivante?

Non lo so, ma di sicuro qualcosa ci sarà altrimenti Vitruvio non avrebbe cercato di inscrivervi dentro un uomo, nè Brunelleschi di usarlo come modulo per le sue architetture e neanche Mondrian di sceglierlo come formato per ogni sua opera!

Tanto per cominciare il quadrato è il più regolare tra i quadrilateri: unico poligono che abbia contemporaneamente le caratteristiche del rombo e del rettangolo: quattro lati uguali e perpendicolari.

Sempre restando all’ambito scientifico si può estrarre la radice quadrata di un numero o farne il quadrato:  si può quindi ricondurre alle proprietà di questa figura piana alcuni procedimenti matematici.

Per questo il quadrato è una figura che esprime perfezione numerica, razionalità,essenzialità.

La perfetta regolarità geometrica del quadrato è stata sfruttata sin dai tempi più antichi per strutture murarie o rivestimenti modulari.

Basti pensare al famoso opus reticulatum di età romana o alle pavimentazioni inopus sectile basate su griglie di quadrati incrociate.

La modularità del quadrato ne ha fatto un elemento di base di un’infinità ditassellature. Perfino quelle di Escher, apparentemente complesse, sono spesso basate sul modulo quadrato.

Il procedimento per crearle è piuttosto semplice: partendo dal quadrato ciò che si toglie da un lato va aggiunto al quello opposto.

Se volete provare, su questo sito troverete tanti metodi per disegnare le vostre tassellature.

Volendo restare nell’ambito della geometria non posso non citare il Tangram, gioco cinese di cui mi sono già occupata, costituito da una serie di figure nate dallasuddivisione del quadrato.

Rimanendo in Oriente, possiamo trovare il quadrato anche nel formato del foglio che si usa per fare l’origami, l’antica arte della carta piegata.

Da un semplice quadrato, realizzando pieghe a monte e pieghe a valle, si possono realizzare non solo piccoli animali, ma anche fantasmagoriche installazioni!

Ma il quadrato può diventare anche qualcosa di molto più consistente. Durante ilMedioevo e il Rinascimento (ma anche in epoca barocca e perfino nel recenteRazionalismo) è stato utilizzato come planimetria di fortezze, cappelle, chiese edabitazioni private.

Perfino la basilica di San Pietro nacque, nelle intenzioni di Bramante, con una pianta basata sul quadrato.

Restando all’architettura possiamo trovare il quadrato anche in alzato, soprattutto negli edifici del Quattrocento, quando il modulo era unità di misura di tutte le parti della struttura.

Dal portico dello Spedale degli Innocenti di Brunelleschi alla facciata di Santa Maria Novella a Firenze e Sant’Andrea a Mantova di Alberti il quadrato è modulo e sottomodulo, elemento minimo e indivisibile di proporzionamento dell’architettura.

Anche nel mondo della pittura il quadrato è stato spesso utilizzato come modulo o come formato della tela. Molti quadri di Klimt, ad esempio, sono di forma quadrata incluso il famoso Bacio.

Sembra che Klimt abbia voluto scegliere il più rigoroso tra i formati per poterlotrasfigurare in uno spazio spirituale ed infinito con l’oro e le curve dei suoi dipinti.

Completamente differenti sono quegli esperimenti delle Avanguardie nelle quali il quadrato diventa esso stesso soggetto pittorico, elemento assoluto e perfetto, stabile ed essenziale.

Si tratta, ovviamente, di opere astratte appartenenti a movimenti quali ilNeoplasticismo, il Suprematismo, l’Op-art, il Minimalismo e altre correnti legate all’astrazione geometrica.

Quadrati declinati in tutti i modi possibili, dunque.

Gli esercizi sulla suddivisione di un quadrato, infatti, sono davvero infiniti e di grandevalenza didattica. Le Corbusier ne pubblicò alcuni esempi che possono essere utili tanto all’architetto quanto al pittore.

Kandinsky ne scrisse nel suo “Punto, linea, superficie” descrivendo le tensioni “sonore” delle linee in un campo quadrato.

L’aspetto didattico non poteva sfuggire a quel maestro di arti visive che era Bruno Munari. Era talmente interessato agli aspetti espressivi del quadrato che, oltre ad averlo utilizzato nei suoi dipinti, gli ha dedicato un intero libro nel 1978.

Qui ne ha esplorato “più di trecento casi di tutto ciò che ha una ragione di essere quadrato“, come recita il sottotiolo. E, come Le Corbusier e Kandinsky, ha proposto un’utilissima attività di scomposizione e ricomposizione.

Figura spirituale ma solida, sembra avere qualcosa di soprannaturale, di magico. Il famoso rettangolo aureo, ad esempio, (quello in cui è inscritta la facciata delPartenone, per intenderci)  si costruisce proprio partendo da un quadrato.

Accostando un quadrato ad un rettangolo aureo si crea, inoltre, un nuovo rettangolo aureo e così via, all’infinito, secondo un andamento a spirale.

Il famoso Nautilus – insieme a tantissimi altri organismi naturali – è la prova vivente di questa proprietà del quadrato di generare una spirale aurea.

C’è poi un altro aspetto “esoterico” legato al quadrato. Parlo del cosiddettoquadrato magico, una matrice nella quale la somma dei numeri di ogni fila è sempre uguale e corrisponde a quella dei numeri di ogni colonna e a quella dei numeri lungo le diagonali.

Uno dei quadrati magici più noti è quello scolpito su una delle facciate della Sagrada Familia di Barcellona, la famosa basilica progettata da Antoni Gaudì. In questo caso, dato che il tema è la Passione di Cristo, il numero risultante è sempre il 33.

Un esempio precedente, meno conosciuto, è presente in un’incisione di Albrecht Dürer nella quale un quadrato magico, in alto a destra, dà sempre la somma di 34 e indica anche la data dell’opera (1514) nelle due caselle centrali dell’ultima riga.

Questa griglia di numeri è conosciuta oggi come Sudoku e il suo completamento con i numeri mancanti costituisce un interessante rompicapo.

Ma gli esempi di quadrato magico risalgono alla notte dei tempi. Uno dei più antichi ed enigmatici è un’iscrizione latina in forma di griglia rinvenuta in numerosi esemplari, le cui lettere formano le seguenti parole: sator arepo tenet opera rotas.

La frase, dal significato sconosciuto, è un palindromo e più essere letta sia in orizzontale che in verticale partendo dall’inizio o dalla fine.

Ma riprendiamo adesso il tema del quadrato come forma geometrica e torniamo ai nostri giorni.

Avete mai fatto caso che i pixel di un’immagine raster sono quadrati? C’è che ne ha fatto una vera e propria forma d’arte “pixellando” dipinti famosi (che restano tuttaviariconoscibilissimi!) e c’è chi, come Banksy, ne ha fatto una trasposizione scultoreaalludendo all’uso di sgranare i volti in televisione per renderli irriconoscibili.

Un incredibile effetto pixel può essere rintracciato persino in epoche in cui non esistevano immagini digitali.

È il caso del pavimento disegnato da Carlo Scarpa per il palazzo Querini Stampalia di Venezia. L’effetto vibrante delle piastrelle distribuite in modo apparentemente casuale ricorda l’effetto di frammentazione delle immagini sulle acque dei canali.

Qualcosa di simile ha fatto di recente Gerhard Richter per la vetrata del transetto sud del Duomo di Colonia. Perduti gli originali gotici durante i bombardamenti, l’artista ha creato delle nuove vetrate fatte solo di combinazioni casuali di quadrati colorati tali, però, da riprodurre la magia della luce tipica delle vetrate trecentesche.

L’ossessione per il quadrato nell’arte contemporanea è evidente anche nelleinstallazioni come quella di Oiticica o di Buren, due esempi quasi opposti di quadrati nello spazio reale: il primo concreto, pesante, il secondo etereo e trasparente.

In altre installazioni il quadrato è diventato di volta in volta una struttura di luce o una cornice che inquadra il bosco…

Senz’altro suggestiva è l’installazione eCloud nella quale centinaia di quadrati di policarbonato, passando alternativamente dallo stato opaco a quello trasparente, simulano una nuvola sospesa sotto il lucernario.

Interessanti, certo, ma un po’ troppo concettuali per i miei gusti.

Voglio lasciarvi con qualcosa di più vivace e sorprendente: un’immensa opera collettiva con scopi benefici composta da ben 7.800 quadrati realizzati all’uncinetto (in pratica le care vecchie presine di lana) distesa sulla scalinata della Cattedrale di Helsinki per realizzare il Guinnes per il patchwork all’uncinetto più grande del mondo.

Insomma, perfino la più spirituale e astratta delle figure geometriche può riservarestupore e meraviglia e scommetto che anche voi, come me, inizierete a guardare con curiosità persino le piastrelle del bagno!