TRIANGOLO

Geometria e arte: il triangolo

DI EMANUELA PULVIRENTI · 30 SETTEMBRE 2013

Uno degli aspetti dell’arte che mi affascina di più è la sua estrema interdisciplinarietà: la produzione artistica è, infatti, strettamente correlata alla storia, alla matematica, alla letteratura, alla geometria, alla musica, alla percezione visiva, alla sociologia, alla chimica, alla psicologia… insomma, non c’è campo del sapere umano che non possa essere collegato all’arte.

Tra queste interrelazioni quella che trovo più sorprendente riguarda il legame indissolubile tra arte e scienza, tra pensiero estetico e logica matematica. Sembrano due mondi inconciliabili, invece è proprio l’arte l’anello di congiunzione!

Si potrebbe pensare, addirittura, di sfruttare l’arte per avvicinare gli studenti alla geometria e alla matematica pensando dei percorsi appositi. In questo post, molto semplicemente, mi interessa evidenziare i legami tra il mondo dell’arte e dell’architettura e quello della geometria partendo dalla più semplice (semplice solo per numero di lati…) dalle figure geometriche piane: il triangolo.

Figura di origine antichissima, appare sotto forma di struttura triangolare nelle antiche immagini della triskeles, simbolo solare dei culti celtici e mediterranei.

Il triangolo appare nella sua forma completa nelle decorazioni, definite “a dente di lupo“, della ceramica del periodo geometrico dell’arte greca.

Intanto erano già stati individuati dei triangoli con delle proprietà particolari: il triangolo equilatero (adatto a creare delle maglie regolari), quello rettangolo (i cui lati avevano dei particolari rapporti numerici tali da poter essere calcolati con il teorema di Pitagora o con calcoli trigonometrici) e il triangolo aureo (triangolo isoscele nel quale base e lati sono in rapporto aureo). La triangolazione divenne presto un sistema per rilevare e ridisegnare il territorio.

In epoca cristiana passò rapidamente a simboleggiare Dio e la Trinità. Dalle pale d’altare medievali fino a quelle del Cinquecento è possibile notare talvolta un triangolo dietro la testa di Dio, o sospeso con un occhio onniscente al suo interno.

In epoca gotica il triangolo divenne anche il modulo costruttivo delle facciate delle grandi cattedrali, spesso associato a simbologie esoteriche.

Il triangolo come elemento per l’organizzazione della composizione si ritrova anche nei dipinti del Rinascimento. Qui è possibile notare una disposizione triangolare dei personaggi che conferisce stabilità ed ordine alla scena e che viene ampiamente utilizzata da tutti gli artisti dell’epoca (ma anche oltre).

Intanto, nell’arte islamica, il triangolo era diventato la base di numerosi pattern geometrici.

Il triangolo equilatero è anche l’elemento di base di tre dei cinque solidi platonici: il tetraedro (formato da 4 triangoli), l’ottaedro (otto triangoli) e l’icosaedro (20 triangoli).

Appare finalmente più visibile come triangolo in sè, in molte opere astratte di Kandinsky. Per l’artista, d’altra parte, il triangolo aveva significati molto speciali; di questa figura geometrica scrisse: “Un grande triangolo acuto diviso in sezioni uguali, con la parte più piccola e acuta rivolta in alto: così si prospetta giustamente e in modo schematico la vita spirituale… L’intero triangolo si muove lentamente, quasi invisibilmente, con moto progressivo e ascendente, e dove oggi era il vertice si trova domani la prima sezione…”.

Kandinsky associava anche forme e colori e, secondo lui, “I colori pungenti risuonano meglio nella loro qualità quando sono dati in forme acute per esempio il giallo in un triangolo“.

Altro genere sono i triangoli utilizzati da M. C. Escher nelle sue celebri incisioni. Molti dei suoi lavori, infatti, si basano sul cosiddetto “triangolo di Penrose“, una figura geometrica impossibile che nei disegni di Escher crea uno spazio polidimensionale, anch’esso fisicamente impossibile.

Tornando a poligoni più reali, occorre ricordare come il triangolo sia l’unica figura geometrica indeformabile: se i vertici fossero snodi il triangolo non cambierebbe la sua forma mentre il quadrato potrebbe deformarsi e diventare un rombo, un rettangolo tramutarsi in un parallelogramma. Questo ne consente un uso in architettura come elemento di irrigidimento per le cosiddette “travi reticolari” o come modulo per coperture e cupole geodetiche.

Il triangolo ha una tale forza visiva che riusciamo a vederlo anche quando non c’è come dimostra la famosa illustrazione del triangolo di Kanizsa. In questa immagine si vedono addirittura due triangoli sovrapposti a causa della nostra innata tendenza a completare immagini interrotte secondo la loro forma più semplice e a posizionare sullo sfondo ciò che sembra essere attraversato da qualcos’altro.

Al di là delle proprietà geometriche e ottiche, il triangolo ha un suo fascino al quale non sono immuni neanche gli artisti contemporanei. Guardate questo fantastico poster composto da Storm Thorgerson per il 30° anniversario dell’album The dark side of the Moon dei Pink Floyd… un vero inno al triangolo!

Per finire un po’ di allegria con i bellissimi murales di Matt Moore. Il soggetto? Triangoli, naturalmente!

L’importanza dell’educazione per lo sviluppo sostenibile

Fonte: http://expo.savethechildren.it/obiettivi-del-millennio/la-storia.html

Nonostante gli importanti progressi raggiunti, nel 2012 ancora 121 milioni di bambini non erano inclusi nel sistema scolastico. La situazione è ancora più critica nei Paesi in conflitto dove la proporzione di bambini che non frequentano la scuola è aumentata dal 30% nel 1999 al 36% nel 2012. Ad oggi solo il 52% dei Paesi è riuscito a garantire l’istruzione primaria universale.

storia2.png

LA STORIA DI WELDEGERGIS
Qualche anno fa Weldegergis, 6 anni, percorreva circa 4 km in collina per raggiungere la sua scuola, il “Daas”, rappresentata solo da un punto di ritrovo all’aperto, riparato da qualche albero e senza servizi igienici o punti di approvvigionamento idrico. In un anno Weldegergis doveva affrontare 800 km di cammino, anche sotto la pioggia o sotto il sole. Save the Children, in accordo con le autorità locali e con il coinvolgimento della comunità, ha costruito una nuova scuola materna in muratura, distante 1 km dall’abitazione di Weldegergis e corredata da materiali didattici e acqua corrente. Il nuovo edificio, a cui la comunità ha dato il nome di “Alelbat” il Buon Pascolo, raccoglie oltre 200 bambini che hanno così accesso ad un’istruzione di qualità, a servizi igienici e acqua potabile.

Elettrogiocando

Tratto da: http://www.iltempodeglincapaci.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=12&Itemid=109

Aver realizzato un piccolo, semplicissimo, elementare circuito elettrico non resti risultato di un’esperienza; può costituire la base di partenza per una bella serie di sperimentazioni. La bassissima tensione del circuito non costituisce pericolo e non presenta alcun problema con i bambini.

Un circuito formato da batteria e lampadina (o motorino elettrico) può essere interrotto tagliando semplicemente un filo per inserire un interruttore o un pulsante; ma a questi due capi liberati si può collegare tutto quel che la fantasia suggerisce.

Per sperimentare la capacità di condurre elettricità di materiali diversi ad esempio si può usare l’oggetto del materiale indicato come ponte tra i due capi del filo tagliato. Se la lampadina s’accende il circuito è chiuso e quindi il materiale è un conduttore. Interessante sarebbe usare il circuito per validare le ipotesi dei bambini: la matita conduce elettricità ? Le forbici ? Appoggiamo i nostri due capi tagliati uno per ciascuna lama e osserviamo ora la lampadina. S’accende ? Cosa significa ?

 

E ora, invece, costruiamo un giocattolo, un giocattolo elettrico per giunta. Certo, nulla di paragonabile a un moderno prodigio elettronico incomprensibile ai più nel suo meccanismo di funzionamento, inspiegabile coi nostri sensi e le nostre semplici intuizioni.

Prendiamo un filo di ferro o rame lungo almeno una spanna, liberiamolo dall’eventuale guaina che lo ricopre e modelliamolo secondo una linea curva o spezzata aperta, a fantasia.

Poi prendiamo un secondo pezzo di filo più corto del primo e modelliamolo formando un anello. Un’estremità del primo filo modellato sarà collegata ad un capo del filo del circuito interrotto.

Un’estremità del secondo filo sarà collegata all’altro capo del filo del circuito.

Il giocattolo è pronto: vince chi riesce ad infilare l’anello formato dal secondo filo e farlo sfilare lungo tutto il filo modellato senza toccare quest’ultimo. L’accensione della lampadina significa che il circuito s’è chiuso e cioè che l’anello ha toccato il filo.

Il pentagono tra geometria ed arte

Articolo tratto da http://www.didatticarte.it/Blog/?p=126

Alchimia, biologia, esoterismo e matematica. Tutti mescolati dentro un grande calderone di forma pentagonale, una figura che da millenni è stata caricata di ogni simbolismo possibile.

Ma non è un caso: il pentagono, infatti, presenta delle proporzioni molto particolari che hanno solleticato l’immaginazione di filosofi, artisti e scienziati.

Parlo della sezione aurea, la divisione di un segmento in due parti in modo tale da ottenerne una porzione che sia media proporzionale tra l’intero segmento e la parte restante. Osservate il segmento AB; ebbene, esiste un solo punto C tale che il rapporto che c’è tra l’intero segmento e il tratto AC sia uguale a quello tra AC e la parte restante. Dunque AC è la sezione aurea di AB.

Il rapporto tra AB e AC, indicato con la lettera greca Φ, è un numero irrazionale pari a1,618

La definizione di rapporto aureo è ricondotta allo studio del pentagono regolare e della stella a 5 punte, chiamata anche pentagramma, in esso inscritta (che, non a caso, era il simbolo di riconoscimento dei pitagorici, i discepoli di Pitagora, coloro che definirono la sezione aurea nel VI sec. a.C.).

Nel pentagono il lato BC è sezione aurea della diagonale AB. Ma anche BD è sezione aurea di AB e BC’ lo è di BD.

La geometria pentagonale è abbondantemente presente in natura e dimostra l’origine scientifica e biologica della sezione aurea.

Il disegno di un pentagono di lato AB, guarda caso, si realizza proprio a partire da quello di un segmento e della sua sezione aurea (AB, infatti, è sezione aurea del segmento A2). Se vi volete esercitare seguite le istruzioni cliccando sull’immagine.

Per realizzare un pentagono con la tecnica dell’origami ci vuole altrettanta pazienza: partire da quattro lati per arrivare a cinque non è così semplice come sembra!

Il pentagono, inoltre, assieme al triangolo equilatero e al quadrato, è l’unica figura che può essere utilizzata per creare un solido platonico. In questo caso si tratta deldodecaedro, un poliedro a dodici facce pentagonali.

Si tratta di un solido esistente anche in natura. I cristalli di pirìte, ad esempio, si presentano talvolta proprio sotto forma di dodecaedri.

Per creare un solido assimilabile ad una sfera partendo da figure piane (la sfera, infatti, non si può sviluppare su un piano ma ci si può avvicinare…) occorre, invece, affiancare un esagono ad ognuno dei lati del pentagono. Si ottiene la superficie curva che possiamo osservare comunemente nei palloni da calcio (in particolare questo è formato da 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi ed è definito icosaedro troncato).

Ma il pentagono, e in particolare la stella in esso contenuta, ha la straordinaria caratteristica di richiamare la forma del corpo umano. Questa proprietà non è sfuggita agli intellettuali del XV e XVI secolo, come Heinrich Cornelius Agrippa, che ne hanno fatto diverse rappresentazioni grafiche dai significati occulti.

In effetti il pentagramma, con le sue cinque punte, ricorda proprio la disposizione della testa e dei quattro arti distesi.

Ma dato che non sono un’appassionata di esoterismo e considerato che ci sono già in rete centinaia di siti che si interessano di misteri ed altre amenità, non voglio approfondire i vari simbolismi legati al pentagono ma occuparmi di questa figura nelle sue manifestazioni artistiche.

Sì perché il pentagono c’entra molto anche con l’arte e l’architettura. È pentagonale, infatti, la pianta tipica delle cittadelle fortificate cinquecentesche. Uno dei primi esempi (sebbene non si tratti di un pentagono regolare) è costituito dalla Fortezza da Basso di Firenze, progettata da Francesco Fiorenzuoli e Antonio da Sangallo il Giovane (1534-1537).

Di pochi anni successive (1559-1565) sono le mura pentagonali con bastioni realizzate attorno al Castel Sant’Angelo a Roma e volute da papa Pio IV (il ricordo del sacco di Roma del 1527 era ancora vivo e il pericolo di nuovi assedi costante).

Tra il 1564-1570 sorse la Cittadella di Torino ad opera di Franceso Paciotto (demolita purtroppo nel 1856 per far posto ai quartieri previsti dai piani di ampliamento della città).

Esempio perfetto di architettura militare, diventò presto il modello di tante cinte pentagonali fortificate sparse per l’Europa.

Ma come mai tutte queste fortezze hanno forma pentagonale? Una delle possibili spiegazioni è legata alla geometria del pentagono: i suoi angoli, maggiori di 90°, resistono meglio allo “scantonamento” rispetto a quelli retti propri del quadrato. E dato che in ogni costruzione l’angolo è il punto più delicato, quello che realizza la solidarietà tra due muri, scegliere un angolo ottuso aumenta le possibilità di difesa.

Questa caratteristica è stata mantenuta persino per il Pentagono per antonomasia, quello di Washington. Realizzato nel 1943 riprende la forma delle tradizionali fortezze per questioni simboliche e stilistiche più che per necessità funzionali (l’assedio da terra era ampiamente superato…).

Ad ogni modo, nelle antiche mura pentagonali, l’angolo non era mai lasciato alla mercé degli attaccanti, essendo munito di bastioni e circondato da eventualefossato con acqua.

Un caso un po’ diverso è quello della cosiddetta Mole Vanvitelliana. Situata ad Ancona, su un’isola artificiale all’imboccatura del porto, la grande struttura pentagonale era adibita primariamente a lazzaretto per la quarantena dei naviganti, ma fungeva anche da fortezza (ce lo rivela il rivellino verso il mare) e da barriera frangiflutti.

Fu realizzata tra il 1732-1743 per volere di papa Clemente XXII il quale incaricò l’architetto Lodewijk van Wittel (meglio noto come Luigi Vanvitelli) di progettare quest’immensa opera architettonica.

Vera e propria isola-città, poteva alloggiare fino a duemila persone su un’estensione di oltre 20.000 mq. Oggi fa parte del sistema museale delle Marche.

Un esempio meno “severo” è rappresentato dallo splendido Palazzo Farnese a Caprarola, nel Lazio. Iniziato all’inizio del Cinquecento da Antonio da Sangallo il Giovane come roccaforte pentagonale per il Cardinale Alessandro Farnese, venne completato dal Vignola in forme molto più lussuose e imponenti diversi decenni più tardi.

Gli interni costituiscono una delle maggiori manifestazioni dell’arte manierista in Italia. Tra la scenografica Scala Regia affrescata dallo stesso Vignola, la Sala dei fasti di Ercole decorata da Taddeo Zuccari, la Sala del Mappamondo e il cortile circolare c’è di che farsi venire la sindrome di Stendhal!

Mentre abbondano le architetture a pianta pentagonale, è molto più difficile trovare questo poligono in altre manifestazioni artistiche.

È molto raro, ad esempio trovare finestre o altri dettagli architettonici pentagonali.

Come faccia del dodecaedro (semplice o stellato) il pentagono fa capolino ogni tanto nelle arti figurative. Ma quando appare lo fa davvero in pompa magna presentandosi all’interno di veri capolavori come la quattrocentesca tarsia marmorea del pavimento della Basilica di San Marco a Venezia, attribuita a Paolo Uccello.

Tuttavia il dodecaedro comparve nell’arte oltre mille anni prima. Sono state rinvenute, infatti, centinaia di dodecaedri metallici di età romana dalla funzione piuttosto incomprensibile.

Dotati di una pallina per ogni vertice sono sempre cavi, di dimensioni ridotte e con le facce bucate da un foro circolare di diametro variabile. Strumenti di calcolo? Apparecchi astronomici? Chi lo sa…

Secondo alcune teorie potrebbero essere anche dei giochi… ma non ce li vedo per niente come antenati del dodecaedro di Rubik!

E non credo neanche che abbiano a che vedere con il diffusore sonoro, la serra poliedrica o i tanti esempi di dodecaedro contemporaneo…

Ma torniamo all’arte in senso stretto. Qualche esempio di pentagono si può trovare nell’arte del Novecento con autori visionari o concettuali.

Salvador Dalì, in particolare, ha ripreso gli aspetti più arcani di questa figura geometrica in alcuni dipinti tipicamente surrealisti. Nascono così la struttura di Leda atomica (1949), la Sardana pentagonale (1979) o, ancora, l’Ultima Cena dentro un dodecaedro (1955)…

Meno inquietanti sono le opere di Maurits Cornelis Escher. Qui ritorna il dodecaedro, piano o stellato, all’interno di bizzarre nature morte.

Questi solidi così astratti, così perfetti, sono protagonisti anche di tante opere di Lucio Saffaro, il matematico-pittore che ai poliedri ha dedicato gran parte del suo lavoro artistico.

Le strutture geometriche di Leonardo Ulian riprendono, invece, il pentagono come figura piana ricreato attraverso il riuso di circuiti e connessioni elettroniche di computer dismessi.

Come magiche ragnatele sembrano rivelare che c’è un’armonia antica anche nei rifiuti della nostra civiltà.

L’aspetto stabile e ben proporzionato del pentagono lo rende molto adatto anche alla realizzazione di marchi.

Ma ci sono anche orologi, piatti, monete e persino arance a sezione pentagonale (così non rotolano via!)…

Beh, ora non voglio fare classifiche ma forse, ad un anello con pietra pentagonale preferisco un bel mazzo di fiori… pentagonali, s’intende!

Cos’avrà mai il quadrato di tanto accattivante?

Articolo tratto da http://www.didatticarte.it/Blog/?p=1269

Cos’avrà mai il quadrato di tanto accattivante?

Non lo so, ma di sicuro qualcosa ci sarà altrimenti Vitruvio non avrebbe cercato di inscrivervi dentro un uomo, nè Brunelleschi di usarlo come modulo per le sue architetture e neanche Mondrian di sceglierlo come formato per ogni sua opera!

Tanto per cominciare il quadrato è il più regolare tra i quadrilateri: unico poligono che abbia contemporaneamente le caratteristiche del rombo e del rettangolo: quattro lati uguali e perpendicolari.

Sempre restando all’ambito scientifico si può estrarre la radice quadrata di un numero o farne il quadrato:  si può quindi ricondurre alle proprietà di questa figura piana alcuni procedimenti matematici.

Per questo il quadrato è una figura che esprime perfezione numerica, razionalità,essenzialità.

La perfetta regolarità geometrica del quadrato è stata sfruttata sin dai tempi più antichi per strutture murarie o rivestimenti modulari.

Basti pensare al famoso opus reticulatum di età romana o alle pavimentazioni inopus sectile basate su griglie di quadrati incrociate.

La modularità del quadrato ne ha fatto un elemento di base di un’infinità ditassellature. Perfino quelle di Escher, apparentemente complesse, sono spesso basate sul modulo quadrato.

Il procedimento per crearle è piuttosto semplice: partendo dal quadrato ciò che si toglie da un lato va aggiunto al quello opposto.

Se volete provare, su questo sito troverete tanti metodi per disegnare le vostre tassellature.

Volendo restare nell’ambito della geometria non posso non citare il Tangram, gioco cinese di cui mi sono già occupata, costituito da una serie di figure nate dallasuddivisione del quadrato.

Rimanendo in Oriente, possiamo trovare il quadrato anche nel formato del foglio che si usa per fare l’origami, l’antica arte della carta piegata.

Da un semplice quadrato, realizzando pieghe a monte e pieghe a valle, si possono realizzare non solo piccoli animali, ma anche fantasmagoriche installazioni!

Ma il quadrato può diventare anche qualcosa di molto più consistente. Durante ilMedioevo e il Rinascimento (ma anche in epoca barocca e perfino nel recenteRazionalismo) è stato utilizzato come planimetria di fortezze, cappelle, chiese edabitazioni private.

Perfino la basilica di San Pietro nacque, nelle intenzioni di Bramante, con una pianta basata sul quadrato.

Restando all’architettura possiamo trovare il quadrato anche in alzato, soprattutto negli edifici del Quattrocento, quando il modulo era unità di misura di tutte le parti della struttura.

Dal portico dello Spedale degli Innocenti di Brunelleschi alla facciata di Santa Maria Novella a Firenze e Sant’Andrea a Mantova di Alberti il quadrato è modulo e sottomodulo, elemento minimo e indivisibile di proporzionamento dell’architettura.

Anche nel mondo della pittura il quadrato è stato spesso utilizzato come modulo o come formato della tela. Molti quadri di Klimt, ad esempio, sono di forma quadrata incluso il famoso Bacio.

Sembra che Klimt abbia voluto scegliere il più rigoroso tra i formati per poterlotrasfigurare in uno spazio spirituale ed infinito con l’oro e le curve dei suoi dipinti.

Completamente differenti sono quegli esperimenti delle Avanguardie nelle quali il quadrato diventa esso stesso soggetto pittorico, elemento assoluto e perfetto, stabile ed essenziale.

Si tratta, ovviamente, di opere astratte appartenenti a movimenti quali ilNeoplasticismo, il Suprematismo, l’Op-art, il Minimalismo e altre correnti legate all’astrazione geometrica.

Quadrati declinati in tutti i modi possibili, dunque.

Gli esercizi sulla suddivisione di un quadrato, infatti, sono davvero infiniti e di grandevalenza didattica. Le Corbusier ne pubblicò alcuni esempi che possono essere utili tanto all’architetto quanto al pittore.

Kandinsky ne scrisse nel suo “Punto, linea, superficie” descrivendo le tensioni “sonore” delle linee in un campo quadrato.

L’aspetto didattico non poteva sfuggire a quel maestro di arti visive che era Bruno Munari. Era talmente interessato agli aspetti espressivi del quadrato che, oltre ad averlo utilizzato nei suoi dipinti, gli ha dedicato un intero libro nel 1978.

Qui ne ha esplorato “più di trecento casi di tutto ciò che ha una ragione di essere quadrato“, come recita il sottotiolo. E, come Le Corbusier e Kandinsky, ha proposto un’utilissima attività di scomposizione e ricomposizione.

Figura spirituale ma solida, sembra avere qualcosa di soprannaturale, di magico. Il famoso rettangolo aureo, ad esempio, (quello in cui è inscritta la facciata delPartenone, per intenderci)  si costruisce proprio partendo da un quadrato.

Accostando un quadrato ad un rettangolo aureo si crea, inoltre, un nuovo rettangolo aureo e così via, all’infinito, secondo un andamento a spirale.

Il famoso Nautilus – insieme a tantissimi altri organismi naturali – è la prova vivente di questa proprietà del quadrato di generare una spirale aurea.

C’è poi un altro aspetto “esoterico” legato al quadrato. Parlo del cosiddettoquadrato magico, una matrice nella quale la somma dei numeri di ogni fila è sempre uguale e corrisponde a quella dei numeri di ogni colonna e a quella dei numeri lungo le diagonali.

Uno dei quadrati magici più noti è quello scolpito su una delle facciate della Sagrada Familia di Barcellona, la famosa basilica progettata da Antoni Gaudì. In questo caso, dato che il tema è la Passione di Cristo, il numero risultante è sempre il 33.

Un esempio precedente, meno conosciuto, è presente in un’incisione di Albrecht Dürer nella quale un quadrato magico, in alto a destra, dà sempre la somma di 34 e indica anche la data dell’opera (1514) nelle due caselle centrali dell’ultima riga.

Questa griglia di numeri è conosciuta oggi come Sudoku e il suo completamento con i numeri mancanti costituisce un interessante rompicapo.

Ma gli esempi di quadrato magico risalgono alla notte dei tempi. Uno dei più antichi ed enigmatici è un’iscrizione latina in forma di griglia rinvenuta in numerosi esemplari, le cui lettere formano le seguenti parole: sator arepo tenet opera rotas.

La frase, dal significato sconosciuto, è un palindromo e più essere letta sia in orizzontale che in verticale partendo dall’inizio o dalla fine.

Ma riprendiamo adesso il tema del quadrato come forma geometrica e torniamo ai nostri giorni.

Avete mai fatto caso che i pixel di un’immagine raster sono quadrati? C’è che ne ha fatto una vera e propria forma d’arte “pixellando” dipinti famosi (che restano tuttaviariconoscibilissimi!) e c’è chi, come Banksy, ne ha fatto una trasposizione scultoreaalludendo all’uso di sgranare i volti in televisione per renderli irriconoscibili.

Un incredibile effetto pixel può essere rintracciato persino in epoche in cui non esistevano immagini digitali.

È il caso del pavimento disegnato da Carlo Scarpa per il palazzo Querini Stampalia di Venezia. L’effetto vibrante delle piastrelle distribuite in modo apparentemente casuale ricorda l’effetto di frammentazione delle immagini sulle acque dei canali.

Qualcosa di simile ha fatto di recente Gerhard Richter per la vetrata del transetto sud del Duomo di Colonia. Perduti gli originali gotici durante i bombardamenti, l’artista ha creato delle nuove vetrate fatte solo di combinazioni casuali di quadrati colorati tali, però, da riprodurre la magia della luce tipica delle vetrate trecentesche.

L’ossessione per il quadrato nell’arte contemporanea è evidente anche nelleinstallazioni come quella di Oiticica o di Buren, due esempi quasi opposti di quadrati nello spazio reale: il primo concreto, pesante, il secondo etereo e trasparente.

In altre installazioni il quadrato è diventato di volta in volta una struttura di luce o una cornice che inquadra il bosco…

Senz’altro suggestiva è l’installazione eCloud nella quale centinaia di quadrati di policarbonato, passando alternativamente dallo stato opaco a quello trasparente, simulano una nuvola sospesa sotto il lucernario.

Interessanti, certo, ma un po’ troppo concettuali per i miei gusti.

Voglio lasciarvi con qualcosa di più vivace e sorprendente: un’immensa opera collettiva con scopi benefici composta da ben 7.800 quadrati realizzati all’uncinetto (in pratica le care vecchie presine di lana) distesa sulla scalinata della Cattedrale di Helsinki per realizzare il Guinnes per il patchwork all’uncinetto più grande del mondo.

Insomma, perfino la più spirituale e astratta delle figure geometriche può riservarestupore e meraviglia e scommetto che anche voi, come me, inizierete a guardare con curiosità persino le piastrelle del bagno!

Dalla conferenza di Rio a quella di Parigi 2016

Pietre miliari chiave nell’evoluzione della politica climatica internazionale

soria conferenze ONU

La XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si apre, nel Parc des Expositions Paris le Bourget. Ad accogliere i partecipanti alla conferenza, che ha l’obiettivo di concludersi con uno dei più solidi trattati ambientali internazionali di sempre, saranno François Hollande, presidente della Repubblica Francese e Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite. Terminate le cerimonie ufficiali, compresa l’elezione formale del presidente della conferenza (che sarà Laurent Fabius, ministro degli Affari esteri francese), toccherà a discussioni e negoziati. Durante questi dodici giorni, giornali e televisioni, con servizi, speciali e dibattiti, ripeteranno allo sfinimento termini quali “Indc” o “Ipcc”,  o riporteranno l’attenzione su precedenti conferenze, come quella diKyoto o quella di Copenhagen. Per permettervi di seguire al meglio quello che succederà eccovi una guida con 10 concetti fondamentali.

1. Unfccc
Unfccc sta per United Nations Framework Convention on Climate Change, ovvero: Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Si tratta di un trattato internazionale che riconosce l’esistenza di cambiamenti climatici dovuti all’azione umana e il cui obiettivo è la “stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a livelli che prevengano un’interfenza pericolosa, di origine umana, con il sistema climatico terrestre”.

La convenzione stabilisce anche che annualmente debba riunirsi una “Conferenza delle parti (Cop)” tra i rappresentanti degli stati membri per valutare i progressi nel raggiungimento dell’obiettivo e prendere specifici accordi e impegni. La convenzione è stata adottata nel 1992 durante il cosiddetto Summit della Terra (laConferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo) a Rio de Janeiro. Il trattato è entrato in vigore il 21 marzo del 1994 ed è stato ratificato da 195 nazioni e un blocco (l’Unione europea).

2. Cop 21
La Cop è l’organismo di governo della convenzione, ovvero lo strumento attraverso la quale i paesi prendono decisioni e impegni. Quella di Parigi è la 21 Conferenza delle Parti dopo la prima di Berlino del 1995, presieduta da Angela Merkel, allora ministro tedesco per l’ambiente. La conferenza comincerà il 30 novembre e si concluderà l’11 dicembre. In questa timeline creata dall’Unfccc potete ripercorrere tutti i meeting dei venti anni passati e le pietre miliari del percorso di negoziati e accordi che hanno portato a Parigi.

3. 2°C
Alla conferenza di Copenhagen è stato proposto, e l’anno seguente a Cancun è stato confermato, il limite entro il quale ci si impegna a contenere l’aumento della temperatura terrestre: +2°C rispetto ailivelli preindustriali, entro la fine del secolo. Secondo quanto riportato dall’Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change, vedi sotto), un aumento superiore potrebbe portare a cambiamenti irreversibili nel clima terrestre. Potrebbero aumentare, per esempio, la frequenza e dell’intensità di alluvioni, potrebbe accelerare lo scioglimento dei ghiacciai e salire pericolosamente il livello di mari e oceani.

Secondo alcuni scienziati, per raggiungere questo obiettivo, bisognerebbe ridurre le emissioni di anidride carbonica tra il 40 e il 70 per cento entro il 2050 e raggiungere la carbon neutrality(zero emissioni) entro la fine del secolo. Come spiega questo videodi Nature, però, non tutti concordano questo valore. Secondo alcuni è troppo alto – sarebbe preferibile un aumento non superiore a 1,5°C -mentre altri lo considerano troppo ottimistico o semplicistico: ci sarebbero altri elementi, oltre alla temperatura, di cui tenere conto.

(foto: Getty Images - Crédits : Johner Images)

 

4. Indc
In preparazione alla Cop 21 ai paesi partecipanti è stato chiesto di presentare una Indc, o “Intended Nationally Determined Contribution”, ovvero una indicazione di impegno che dichiara quali azioni quel singolo paese intende intraprendere a partire dal 2020 per raggiungere l’obiettivo della Convenzione quadro. Questi intenti andavano presentati entro il 1 ottobre e dovrebbero trasformarsi in impegni veri e propri nel nuovo accordo che sarà siglato l’11 dicembre a Parigi.

A oggi sono state presentate 149 Indc in rappresentanza di 176 nazioni (i paesi dell’Unione europea hanno presentato un documento comune), che tirano in ballo circa il 95 per cento delle emissioni globali. Non è ancora chiaro, però, se gli Indc saranno vincolanti con il nuovo accordo.

5. Ipcc
Ipcc è un acronimo che sta per Intergovernmental Panel on Climate Change. Creato nel 1988  dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), è il principale organo internazionale che si occupa della valutazione degli studi sul clima: sorveglia la ricerca portata avanti in tutto il mondo e rilascia rapporti che descrivono lo stato della conoscenza scientifica, tecnologica e socio-economica sui cambiamenti climatici. Dalla sua nascita ha rilasciato cinque valutazioni, ciascuna composta di diversi volumi pubblicati in tempi diversi. L’ultima è stata pubblicata tra il settembre 2013 e il novembre 2014.

6. Climate finance
Come abbiamo spiegato in un articolo a essa dedicato, con il termine Climate finance si possono intendere tutti gli investimenti e le operazioni finanziarie disegnate per contribuire alla stabilizzazione e alla riduzione delle emissioni di gas serra, ridurre la vulnerabilità all’impatto dei cambiamenti climatici e migliorare l’adattamento e alla resilienza a essi.

Nel contesto della Unfccc, con questo termine invece si intendono tutti quegli investimenti mirati al raggiungimento dell’100 billion goal (un accordo in cui i Paesi Sviluppati si impiegano a mobilizzare 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020 in azioni destinate a contrastare i cambiamenti climatici nei Paesi in Via di Sviluppo).

Enabling Farmers to Adapt to Climate Change through ICT è un progetto di adaptation premiato quest'anno dal progetto Moment for Change dell'Onu. Foro: Nazioni Unite

7. Protocollo di Kyoto
Il protocollo di Kyoto è un accordo internazionale stilato durante la Cop3, tenutasi appunto nella città giapponese. Il documentoriconosce che i paesi industrializzati erano i principali responsabili dei correnti livelli di emissioni di biossido di carbonio e di altri gas serra. I firmatari del documento si sono impegnati a ridurre queste emissioni, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012, in misura diversa tra stato e stato (l’8% per l’Ue a 15 e altri paesi, percentuali inferiori per altre nazioni) rispetto ai livelli presenti nel 1990.

Il protocollo è entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005: perché questo avvenisse, infatti, sarebbe dovuto essere ratificato da almeno 55 paesi, responsabili complessivamente di almeno il 55 per cento delle emissioni, condizione raggiunta solo con l’adesione della Russia nel novembre 2004.

Nel 2012 durante la Cop18 a Doha è stato approvato unemendamento  che prevede un secondo periodo di impegno, dal 2013 al 2020, che però non è ancora entrato in vigore: lo sarà solo a partire da 90 giorni dopo la ratifica da parte di ¾ dei paesi partecipanti, mentre per ora solo 50 nazioni hanno aderito.

8. Copenhagen e Cancun
Dalla Cop15 di Copenhagen ci si aspettava un accordo forte e vincolante e invece, ci si è ritrovati con un patto non solo non costrittivo, che non puniva chi non aveva rispettato gli impegni presi e che prevedeva una riduzione delle emissioni non sufficiente, ma soprattutto con un accordo non approvato dall’assemblea.

Tuttavia, come ricorda il Guardian, Copenhagen ha portato all’accordo di Cancun dell’anno seguente dove è stato confermato molto di quanto discusso in Danimarca: un impegno a ridurre le emissioni di gas serra a seconda delle possibilità di ciascun paese, la fondazione del Green Climate Fund (vedi sotto), la promessa (poi mantenuta) di stanziare 30 miliardi di dollari entro il 2012 nei paesi in via di sviluppo, l’istituzione dell’100 billion goal e l’ambizione di contenere l’aumento della temperatura entro la fine del secolo al di sotto di 2°C.

(foto: Getty Images - Crédits : Simon Rawles)

9. Green Climate Fund
Il Green Climate Fund è un organo internazionale deputato al trasferimento di finanziamenti e tecnologie dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, con l’obiettivo di assistere questi ultimi nella messa in atto di progetti di riduzione delle emissioni di gas serra e di adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Ha sede a Incheon in Corea del Sud ed è gestito da un board composto da 24 membri e dovrebbe essere uno degli attori principali per il raggiungimento dell’100 billion goal.

10. Accordo
Non è chiaro cosa verrà fuori dai negoziati di Parigi. A parole sembra siano tutti pronti a un accordo. Cosa ci sarà scritto, però, sebbene una bozza sia stata messa a punto il mese scorso a Bonn, è ancora incerto. Si dovrà decidere se le promesse con cui i paesi partecipanti si presentano a Parigi, e ben riassunte dal New York Times, saranno trasformate in impegni vincolanti, come alcuni paesi richiedono e come altri, tra cui gli USA, invece si rifiutano di accettare. Si discuterà anche e molto di climate finance e impegni finanziari, soprattutto quelli previsti dal 100 billion goal (i paesi in via di sviluppo dovranno essere rassicurati sul fatto che riceveranno il supporto promesso, e dovrà essere indicato loro come questo supporto sarà dato). Inoltre, si dovrà capire se ci sarà un organo deputato alla supervisione e al controllo di questi finanziamenti al quale i paesi dovranno rispondere (e in caso quale) e in che modo possa essere garantita la massima trasparenza.

Un accordo ideale dovrebbe riuscire a coinvolgere concretamente tutti i paesi partecipanti nell’obiettivo dei 2°C, essere flessibile in modo che si possa tenere conto delle situazioni specifiche di ogni paese, prevedere un equilibrio tra politiche di mitigazione e diadattamento e programmare un’adeguata implementazione delle risorse finanziarie e tecnologiche. Inoltre, dovrebbe contemplare un sistema di revisione regolare di impegni e risultati e tenere conto delle ricadute economiche dell’abbandono dei carburanti fossili.

Italia record morti premature Ue per inquinamento

Italia record morti premature Ue per inquinamento. Rapporto Agenzia ambiente, 84.400 decessi nel 2012.

video-ansa

L’Italia è il Paese dell’Unione europea che segna il record del numero di morti prematuri rispetto alla normale aspettativa di vita per l’inquinamento dell’aria. La stima arriva dal rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea): il Belpease nel 2012 ha registrato 84.400 decessi di questo tipo, su un totale di 491mila a livello Ue. Tre i ‘killer’ sotto accusa per questo triste primato.

Le micro polveri sottili (Pm2.5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono, quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia. Il bilancio più grave se lo aggiudicano le micropolveri sottili, che provocano 403mila vittime nell’Ue a 28 e 432mila nel complesso dei 40 Paesi europei considerati dallo studio.

L’impatto stimato dell’esposizione al biossido di azoto e all’ozono invece è di circa 72mila e 16mila vittime precoci nei 28 Paesi Ue e di 75mila e 17mila per 40 Paesi europei. L’area più colpita in Italia dal problema delle micro polveri si conferma quella della Pianura Padana, con Brescia, Monza, Milano, ma anche Torino, che oltrepassano il limite fissato a livello Ue di una concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria, sfiorata invece da Venezia. Considerando poi la soglia ben più bassa raccomandata dall’Oms di 10 microgrammi per metro cubo, il quadro italiano peggiora sensibilmente, a partire da altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna, arrivando fino a Cagliari. (Fonte ansa.it 30/11/2015)

malaria

    Scarica Malaria_2015

 

BATACLAN. Pensieri, immagini e musica: per non dimenticare.


Ha trainato il suo pianoforte con una bici fino a Rue Richard Lenoir a pochi metri dal Bataclan, il teatro che è stato scenario del più sanguinoso tra gli attacchi terroristici di Parigi. Poi ha cominciato a suonare le note di ‘Imagine’ di John Lennon. Attorno al pianista, una piccola folla commossa.
imagine
Il Bataclan (in origine Ba-Ta-Clan), è una “sala da spettacolo” di Parigi, sita nell’XI arrondissement. Costruito nel 1864 su progetto dell’architetto Charles Duval, trae il suo nome dall’operetta in un atto di ambientazionecinese Ba-ta-clan di Jacques Offenbach, rappresentata nel 1855.
L’11 marzo 1991 l’edificio che lo ospita è stato dichiarato monumento storico ai sensi della legge francese.
La sera del 13 novembre 2015, durante un concerto degli Eagles of Death Metal, il Bataclan è stato teatro di un attacco terroristico con numerose vittime.


Cari ragazzi, le vicende legate a questi tristi ed ingiusti eventi sono complicate e molto complesse.
Io non voglio esprimere il mio pensiero, riporto solo in parte il vostro, nello specifico quello dei ragazzi della seconda B emerso dopo una discussione in classe sui tristi fatti accaduti in Francia:
– La religione non c’entra con quanto accaduto, viene solo utilizzata come mezzo per giustificare e far commettere queste atrocità.
I mussulmani non sono terroristi come i meridionali non sono tutti mafiosi (io sono calabrese ma vi assicuro che non sono mafioso).
– Noi occidentali possiamo cambiare la nostra politica con un equa distribuzione delle risorse, attenuando i vari conflitti in corso.
Con l’uso delle armi e della violenza in genere, non si risolve niente se non aggiungere più odio e limitare la nostra libertà di vivere.

Quello che mi sento di aggiungere è solo un augurio: siate cittadini rispettosi di Voi stessi e degli altri.
Solo con la maggiore consapevolezza di quello che ci circonda possiamo migliorare il nostro mondo.
Siamo fortunati ad essere liberi di imparare sempre cose nuove, approfittiamone impegnandoci al massimo per accrescere la nostra cultura e la nostra conoscenza.
Solo in questo modo il mondo potrà essere migliore.
Tutti noi siamo chiamati a dare il nostro piccolo o grande contributo.

Sviluppo insostenibile

La Cina rappresenta la maggiore delle economie mondiali emergenti , ma, sul miliardo e trecento milioni di cinesi, soltanto trecento milioni traggono qualche beneficio dal boom economico del Paese, mentre circa un miliardo continua a trovarsi in condizioni economiche molto modeste, ma fornisce le “forze lavoro” supersfruttate e superproduttive (schiavismo interno) che consentono alla Cina di essere la “fabbrica del mondo”. Continua a leggere